9 MAGGIO, FESTA DELL’EUROPA
Economia circolare ed educazione civica per guardare al futuro
Ogni crisi ha una doppia faccia: da un lato i problemi, dall’altro le opportunità. A fare la differenza sono le scelte che si compiono. Così, di fronte alla minaccia Covid-19, dobbiamo guardare alla nostra regione con nuovi occhi. Occhi che non devono dimenticare quello che hanno visto ed imparato in questa difficile fase, ma che devono anche guardare lontano, per visualizzare un futuro fiorente, per le Marche, l’Italia e l’Europa.
Anche quest’anno, il 9 maggio è la Festa dell’Europa, per celebrare la pace e l’unità tra i popoli che un nuovo approccio di cooperazione politica – nelle vesti dell’Unione europea, appunto – ha reso possibile, a partire dalla dichiarazione, 70 anni fa, dell’allora ministro degli esteri francese Robert Schuman. Una cooperazione messa alla prova dalla pandemia in corso, ma che dovrà dimostrarsi più forte degli interessi particolaristici e perseguire quell’obiettivo primo di solidarietà, vitale anche per la resistenza economica dei Paesi dell’Unione.
L’export marchigiano oggi è nuovamente in pericolo. Lo stop mondiale delle attività e degli scambi commerciali internazionali ci riporta all’incubo del crollo delle esportazioni dopo la crisi del 2008. Allora ci vollero sette anni per ritrovare i livelli pre-crisi e il problema dei subprime finì per causare il crollo del mercato interno. Ci risiamo. E forse questa volta anche in maniera più importante rispetto al 2008.
In una regione come le Marche, con primato imprenditoriale, bisogna trovare qualcosa in grado di rilanciare il sistema economico e che sia anche occasione per investire sul nostro futuro. La strategia per rilanciare il mercato interno passa, allora, attraverso una vera e propria rivoluzione culturale, che punti in maniera prioritaria sull’economia circolare.
Per le Marche manifatturiere, questo significa cambiare radicalmente il modo di pensare i prodotti e di fabbricarli. Una scelta perfettamente in linea con la visione di una politica industriale europea che, giuridicamente, prevede il coordinamento tra Stati ed UE. In più, questa strategia corrisponde a pieno alla politica del Green New Deal della Commissione Europea a protezione dell’ambiente. Una richiesta di attenzione ecologica che arriva anche da gran parte dei cittadini a livello europeo: cambiare modo di produrre e di consumare comporta un maggior rispetto dell’ambiente. L’economia circolare può e deve guardare a quanti più settori industriali possibile, dando priorità all’agroalimentare.
Scegliere per le Marche l’economia circolare, ci consentirebbe di rilanciare la nostra economia interna e di diventare un modello non solo a livello locale e nazionale, ma anche europeo. Questa scelta, infatti, potrebbe permetterci di giocare un ruolo da protagonisti nell’applicazione dei 17 Obiettivi dell’ONU, favorendo così l’impostazione di una economia locale basata su uno sviluppo sostenibile.
Oggi, il coordinamento per l’attuazione dei 17 Obiettivi ONU di Sviluppo Sostenibile fa capo, a livello europeo, al Commissario agli Affari economici Paolo Gentiloni e, per dare forma e sostanza a tutto questo, è necessario investire sui giovani – che rappresentano il nostro futuro – con l’obiettivo di formarli ad un comune sentire europeo. Educare, quindi, nuovi cittadini del mondo, con solide basi condivise, che possano provare un senso di vera appartenenza europea.
La strada da seguire è quella tracciata dagli insegnamenti di tre donne pedagogiste pacifiste che hanno fatto della diversità culturale per il dialogo e lo sviluppo una bandiera comune: l’antesignana Anna Siemsen, la marchigiana Maria Montessori – di cui quest’anno ricorre il 150° anniversario della nascita – tre volte candidata al Premio Nobel per la pace e nota in tutto il mondo per il Metodo educativo che porta il suo nome e Sofia Corradi, ideatrice del programma Erasmus nel 1987. Ricordare i loro insegnamenti, in occasione della Festa dell’Europa, è un auspicio perché
*di Frida Paolella
Economia circolare ed educazione civica per guardare al futuro
Ogni crisi ha una doppia faccia: da un lato i problemi, dall’altro le opportunità. A fare la differenza sono le scelte che si compiono. Così, di fronte alla minaccia Covid-19, dobbiamo guardare alla nostra regione con nuovi occhi. Occhi che non devono dimenticare quello che hanno visto ed imparato in questa difficile fase, ma che devono anche guardare lontano, per visualizzare un futuro fiorente, per le Marche, l’Italia e l’Europa.
Anche quest’anno, il 9 maggio è la Festa dell’Europa, per celebrare la pace e l’unità tra i popoli che un nuovo approccio di cooperazione politica – nelle vesti dell’Unione europea, appunto – ha reso possibile, a partire dalla dichiarazione, 70 anni fa, dell’allora ministro degli esteri francese Robert Schuman. Una cooperazione messa alla prova dalla pandemia in corso, ma che dovrà dimostrarsi più forte degli interessi particolaristici e perseguire quell’obiettivo primo di solidarietà, vitale anche per la resistenza economica dei Paesi dell’Unione.
L’export marchigiano oggi è nuovamente in pericolo. Lo stop mondiale delle attività e degli scambi commerciali internazionali ci riporta all’incubo del crollo delle esportazioni dopo la crisi del 2008. Allora ci vollero sette anni per ritrovare i livelli pre-crisi e il problema dei subprime finì per causare il crollo del mercato interno. Ci risiamo. E forse questa volta anche in maniera più importante rispetto al 2008.
In una regione come le Marche, con primato imprenditoriale, bisogna trovare qualcosa in grado di rilanciare il sistema economico e che sia anche occasione per investire sul nostro futuro. La strategia per rilanciare il mercato interno passa, allora, attraverso una vera e propria rivoluzione culturale, che punti in maniera prioritaria sull’economia circolare.
Per le Marche manifatturiere, questo significa cambiare radicalmente il modo di pensare i prodotti e di fabbricarli. Una scelta perfettamente in linea con la visione di una politica industriale europea che, giuridicamente, prevede il coordinamento tra Stati ed UE. In più, questa strategia corrisponde a pieno alla politica del Green New Deal della Commissione Europea a protezione dell’ambiente. Una richiesta di attenzione ecologica che arriva anche da gran parte dei cittadini a livello europeo: cambiare modo di produrre e di consumare comporta un maggior rispetto dell’ambiente. L’economia circolare può e deve guardare a quanti più settori industriali possibile, dando priorità all’agroalimentare.
Scegliere per le Marche l’economia circolare, ci consentirebbe di rilanciare la nostra economia interna e di diventare un modello non solo a livello locale e nazionale, ma anche europeo. Questa scelta, infatti, potrebbe permetterci di giocare un ruolo da protagonisti nell’applicazione dei 17 Obiettivi dell’ONU, favorendo così l’impostazione di una economia locale basata su uno sviluppo sostenibile.
Oggi, il coordinamento per l’attuazione dei 17 Obiettivi ONU di Sviluppo Sostenibile fa capo, a livello europeo, al Commissario agli Affari economici Paolo Gentiloni e, per dare forma e sostanza a tutto questo, è necessario investire sui giovani – che rappresentano il nostro futuro – con l’obiettivo di formarli ad un comune sentire europeo. Educare, quindi, nuovi cittadini del mondo, con solide basi condivise, che possano provare un senso di vera appartenenza europea.
La strada da seguire è quella tracciata dagli insegnamenti di tre donne pedagogiste pacifiste che hanno fatto della diversità culturale per il dialogo e lo sviluppo una bandiera comune: l’antesignana Anna Siemsen, la marchigiana Maria Montessori – di cui quest’anno ricorre il 150° anniversario della nascita – tre volte candidata al Premio Nobel per la pace e nota in tutto il mondo per il Metodo educativo che porta il suo nome e Sofia Corradi, ideatrice del programma Erasmus nel 1987. Ricordare i loro insegnamenti, in occasione della Festa dell’Europa, è un auspicio perché
*di Frida Paolella